tutela protezione

Il termine tutela è sinonimo di protezione, difesa.

Esiste una tutela legale, del patrimonio, assicurativa, della persona, esiste anche una materia specifica riferita ai minori di età.

Quando la tutela è riferita ai minori di età, si apre tutto lo scenario dell’immaginario collettivo dei tribunali per i minorenni e dei servizi sociali.

Purtroppo in senso negativo, che suscita sentimenti contraddittori e ambivalenti, si tratta per lo più di una materia da cui prendere le distanze.

Suscita sicuramente emozioni forti.

Intervenire: si e come, laddove esiste un minore in pericolo? E quando un minore è in pericolo? Chi lo giudica e come?

Si interviene sulla famiglia, uno spazio intimo e privato che sembra avere un confine inviolabile. Sembra, o dovrebbe avere un confine inviolabile? Per qualcuno è così. La famiglia è una micro società che ha leggi sue proprie che non vanno toccate.

Salvo poi scandalizzarsi laddove emerge una situazione drammatica, che sfocia a volte in un infanticidio. Tutti ne rimangono sconvolti e si domandano dove siano i servizi.

Dove siano gli aiuti. Aiutare chi? La mamma che è arrivata (si presume sempre che sia lei) a fare un tal gesto, o il bambino per toglierlo da una situazione difficile? Ma è una mamma che soffriva di depressione, o una donna vittima di violenza? Chi avrebbe dovuto vedere?

La legge dice che laddove c’è un bambino in pericolo tutti siamo tenuto a segnalare, ma ci rendiamo conto di cosa significhi segnalare? Quali sentimenti, emozioni, paure e disagio, senso di tradimento e di violazione dobbiamo saper digerire per fare un gesto simile? In effetti la legge tutela sulla carta le vittime e offre gli strumenti per farlo, a tutti i cittadini. Ma la nostra cultura di appartenenza non ci permette a volte di fare un gesto simile.

Il senso di privacy che riveste la famiglia, una sorta di sacralità, è più profondo di quanto non sia la nostra razionalità a pensarla diversamente.

Ma che fare quindi?

E se si è una delle vittime cosa fare per chiedere aiuto? Mi domando quanti segnali le vittime possono aver mandato senza che chi era loro vicino avesse saputo cogliere il messaggio e usarlo a tutela.

Ed ecco la tutela. Forse quello che manca nella nostra società attuale è il senso di appartenenza ad un gruppo e di sentirsi responsabili per i suoi membri. Specialmente quelli più fragili.

Ma se la nostra società non costituisce più un posto sicuro dove sentirci anche responsabili uno dell’altro forse potremmo cercare un luogo che lo sia, dal quale attingere la forza necessaria per fare la cosa giusta. Un gruppo o una persona che ci aiutino a mettere in fila i pensieri.

Uno spazio di pensiero e di parola .

Ecco cosa può essere un gruppo.

Un luogo senza giudizio e senza un tempo o una scadenza entro la quale maturare il nostro IO pensante. Dove poter usare la nostra intelligenza emotiva oltre che la nostra parte più razionale, per imparare ad agire con consapevolezza in una società che ci travolge.

Il tema della tutela dei minorenni è un tema affascinante e complesso, e per prima cosa ricordiamoci che è talmente complesso che non può essere esaurito come una chiacchiera da bar, perché a volte le implicazioni che riguardano la vita dei minorenni in pericolo sono veramente tante e comportano appunto, come detto sopra, il dover guardare dentro la cosa più privata e piena di emozioni che è la famiglia.

Possiamo riflettere insieme.

E non guardare dall’altra parte. Scegliere almeno con conoscenza approfondita, perché la scelta sia consapevole, qualunque essa sia. Per rispetto alle vite dei bambini e dei più fragili.