Capita sempre più di frequente di parlare di differenze di genere , anche in maniera ridondante, tanto che qualcuno qualche volta ritiene che sia un concetto superfluo da affrontare. Oppure viene liquidato come una chiacchiera da bar.
Ma approfondendo la questione, si prende coscienza di alcuni fattori che sono una realtà e che ci fanno capire per quale motivo in realtà questo aspetto della nostra cultura deve essere trattato, e anche come .
In effetti quando parliamo di genere non ci riferiamo solamente a genere sessuale percepito, manifesto, o all’identità psicologica che un individuo sente di avere.
Quando parliamo di genere parliamo anche di differenze fra maschile e femminile quindi fra tutto ciò che è dualismo.
La nostra cultura di appartenenza nel tempo ha strutturato un pensiero dualista, ha cioè suddiviso il mondo in bianco e nero, ha espresso le differenze fra uomo e donna, sue poli, ignorando o non prendendo coscienza di ciò che sta nel mezzo, non ha dato un nome e quindi diritto di esistere, a ciò che si trova fra i due poli estremi.
E quando lo fa, è per dargli una connotazione negativa, lo ritiene sbagliato. In realtà tutto ciò che appartiene alla zona grigia cioè quello che va da un estremo all’altro bianco nero uomo donna e così via, ha a che fare con una molteplicità di esseri umani che si trovano a transitare per la loro unicità all’interno di questa filo che unisce, o ponte che unisce, i due estremi. E’ il risultato di una cultura estremamente bisettoriale che appunto sancisce il bene o il male e lo divide fra bianco e nero uomo donna e così vi.
E’ il prodotto di una cultura basata su concetti di natura dualistica, che non teorizza sulle sfumature. … che vuole che il bene sta solo nei due estremi e tutto il resto appartiene ad una differenza che già di per sé si connota come una differenza negativa senza pensare poi che se ai due estremi mettiamo un uomo e dall’altra parte mettiamo la donna, sappiamo che già questo ha creato la visione estremamente patriarcale della nostra cultura.
L’uso di vocaboli particolari che connotano in positivo e negativo l’appartenenza ad uno dei due estremi ha condizionato nel tempo il pensiero e i comportamenti, tanto da farci pensare che sia una speculazione inutile il semplice porsi il problema.
Tutto questo per dire che quando parliamo non usiamo parole neutre che non hanno un senso e che non hanno un peso. Le parole in realtà possono ferire, possono condizionare la mente, possono in qualche modo, determinare una realtà attraverso la descrizione che ne fanno e quindi, nel tempo si insinuano determinate parole come parole che connotano una realtà positiva ,mentre altre connotano una realtà negativa.
Quindi quello che si propone non riguarda il dire quale sia il pensiero più o meno giusto, ma di aprire uno spazio di confronto , di riflessione sul tema, poterne parlare e iniziare a dare voce e parole che connotano ad una realtà finora nascosta o ignorata o peggio, sbeffeggiata, vissuta con ironia o disprezzo.
Si può avere un pensiero o un giudizio su qualunque cosa, ma in ogni caso si può avere rispetto per chi pensa e sente diversamente da noi e lo si fa utilizzando con consapevolezza le parole che ci sembrano neutre ma che per qualcuno possono essere come lame di coltello. Poterne parlare e divenire consapevoli e padroneggiare il proprio linguaggio evita di arroccarsi in una certezza che non esiste, permette di stare nell’incertezza e nel fluido senza spaventarsi e soprattutto di evitare rigidità del pensiero che costruiscono muri anziché l’accoglienza o l’incontro umano.